di Giacomo Giraldi e Laura Mengucci
In base all'art.78 del d.lgs. 267/00 il Sindaco (in via generale) ha l'obbligo di astenersi dal prendere parte alla discussione ed alla votazione di delibere riguardanti interessi propri o di loro parenti o affini sino al quarto grado. L'obbligo di astensione non si applica ai provvedimenti normativi o di carattere generale, quali i piani urbanistici, se non nei casi in cui sussista una correlazione immediata e diretta fra il contenuto della deliberazione e specifici interessi dell'amministratore o di parenti o affini fino al quarto grado.
Non è il caso di trattare del caso specifico e delle persone interessate, perchè molto è già stato scritto, mentre è mancata una riflessione su altri aspetti. L'inasprimento dei toni comunque non aiuta a riflettere. Come si evince dalla cennata legge, il conflitto di interessi non è colpito in modo pesante dal Legislatore, per cui ad oggi resta un argomento più politico che giuridico. Lasciamo le argomentazioni politiche ai politici. Se un piano urbanistico non aumenta nè diminuisce la cubatura di un edificio, ma si limita a confermare la possibilità di mantenerla, manca la correlazione diretta fra la delibera e l'interesse, e quindi la norma citata, che è piena di falle, non si applica.
Per esempio, la legge non si sofferma sul caso in cui l'iter del rilascio del permesso di costruire di un edificio di un Sindaco sia più veloce di altri casi simili, nè dei casi in cui gli interessi del Sindaco siano favoriti in determine Dirigenziali, anzichè in delibere. Potrebbe continuare a lungo l'elenco dei casi dei conflitti di interesse di rilievo locale sfuggiti al Legislatore Italiano, ed è anche il caso di sottolineare che in Italia esiste un Authority Antitrust, che però si occupa solo delle grandi concentrazioni di proprietà che limitano la concorrenza a livello nazionale. Per ipotizzare un abuso d'ufficio sul piano penale occorre dimostrare la violazione di una disposizione normativa oltre al vantaggio ottenuto.
Altra falla normativa: molti vantaggi sono acquisibili rispettando alla lettera la legge e magari correndo per rilasciare titoli abilitativi agli amici e lasciando altre richieste di chi è per ipotesi collegato all'opposizione, nel cassetto, per mesi. I controllori dei Comuni non sono esterni. Il Comitato regionale di controllo sugli enti locali in passato svolgeva funzioni di raccordo con altri organi ispettivi e di vigilanza. Aveva dei difetti, ma invece di potenziarlo si è scelto di sopprimerlo. La maggioranza locale adesso può scegliere i suoi controllori e decidere come pagare i membri degli organi di controllo interno (revisori dei conti, nucleo di valutazione,ecc...).
La conclusione è che la legge italiana non è il miglior parametro per stabilire la correttezza dell'operato degli amministratori. Neppure il popolo sovrano è il miglior giudice, perchè se deve scegliere fra chi a livello locale ha una concentrazione di potere e chi non ce l'ha, potrebbe essere tentato di scegliere di aggregarsi, per molti motivi. Quindi riflettendo in termini generali pensiamo che a Senigallia, e non solo, serve un ricambio continuo e più veloce della classe politica, e dei partiti di governo locale.
Così in futuro forse il conflitto di interessi sarà disciplinato meglio, a livello comunale e non solo a livello nazionale. Ogni sospetto forse sarà fugato, in modo da mettere tutti gli imprenditori sullo stesso piano.
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